La obsolescencia sintomática

Ugo Pipitone

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Siamo nel sud del Messico a un'altitudine media di 1500 metri sul Pacifico. Oaxaca è un territorio montagnoso pari a una terza parte dell'Italia e vivono qui 3,5 milioni di persone di cui pi ù di un milione sono indigeni distribuiti in sedici gruppi etnici. Reddito pro capite attorno ai 4 mila dollari. In poche parole: se non esistesse Chiapas, Oaxaca sarebbe, per benessere e produttivit à , l'ultimo dei 32 stati messicani.

A partire da uno sciopero per ragioni salariali si innesc ò, tra giugno e novembre dell'anno scorso, quella che Le Monde chiam ò la Comune di Oaxaca . Nelle prime elezioni da allora, il 5 agosto passato, il Pri (che ha governato 71 anni il Messico e governa da 78 anni in Oaxaca) ha stravinto. Alle prove generali di insurrezione dell'anno scorso succede adesso la ratifica elettorale del partito che incarna le peggiori pratiche della politica locale.

Certo il livello di astensionismo è stato altissimo (quasi due terzi dell'elettorato), ma resta il fatto che nelle elezioni precedenti (2004) il PRI aveva perso 8 dei 25 distretti elettorali per il Congresso di Oaxaca; oggi li recupera tutti. Una conferma del peggio conosciuto (paternalismo corporativo, corruzione e fiumi di oratoria)? Un voto di paura dopo le (letteralmente) mille barricate erette l'anno scorso dall'Appo (Assemblea popolare dei popoli di Oaxaca), guida politica del movimento di ripudio al governatore? Scarso interesse del movimento radicale locale a sostenere il maggior partito della sinistra nazionale?

Un anno fa, il 1° agosto, in uno dei momenti pi ù caldi dello scontro tra il governatore dello stato e professori rurali, cittadini e militanti di varie organizzazioni che occupavano il centro della capitale dello stato, la Appo rese pubbliche le sue Dichiarazioni di principio . Cito: “Non vogliamo né progresso né sviluppo, solo la felicit à di tutti gli abitanti di Oaxaca, nessun miraggio industriale ma convivenza armoniosa con la natura, nessuna economia capitalista di scambio e accumulazione ma (ritorno) ai nostri principi di reciprocit à base della nostra comunalit à ”. Nell'elaborazione di queste tesi confluivano lo stalinismo rivendicato dal minuscolo, ma influente, Partito Comunista del Messico (m-l), l'anarchismo di quelli che volevano l'abolizione di stato e mercato, la teologia della liberazione e il comunitarismo indigeno che criticavano capitalismo e globalizzazione mentre abbellivano retoricamente un passato peggiore.

Secondo studi recenti delle Nazioni Unite, nelle comunit à indigene di Oaxaca la distribuzione dei redditi è pi ù polarizzata che nel resto dello stato. Comunit à investite da persistenti flussi migratori che stanno svuotando lentamente la met à dei 570 comuni. Due terzi di quelli che non emigrano e sono in et à di lavoro hanno redditi mensili inferiori a 260 dollari. Diciamo tra parentesi che Oaxaca presenta il pi ù alto grado di frammentazione amministrativa del Messico: i comuni hanno qui in media una popolazione di 6 mila abitanti, conseguenza di un forte senso di territorialità indigena.

E per quanto riguarda lo stato, una bassa legittimazione pubblica, corruzione, nepotismo, cooptazione di leader sociali, inefficacia amministrativa e, come nel caso dell'anno scorso, uso di pistoleros direttamente o indirettamente legati al sistema di governo del Pri. Con un bilancio di 23 morti ammazzati senza che in uno solo dei casi si sia trovato (in realt à , cercato) il responsabile; molto spesso poliziotti in civile.

Uno scenario regionale in cui si combinano e sovrappongono tratti economici e culturali che vengono dalla colonia (1521-1821), dalle debolezze del liberalismo messicano nella seconda met à de secolo XIX e, per completare, dagli otto decenni di un governo del Pri sempre pi ù interessato a conservare la sua rete locale di potere che a riformare vetuste relazioni corporative tra stato e societ à . E adesso una avanguardia radicale ( la Appo ) perduta nelle nebbie di una teologia anarco-stalinista, mentre gli elettori o non votano o votano per il Pri.

Oaxaca ha bisogno di una riforma profonda di istituzioni che sono un colabrodo senza efficacia né legittimit à sociale; ha bisogno di scuole rurali di buona qualit à e di un patto di sviluppo che richiede riforma fiscale e aumento dei sussidi a un'agricoltura agonizzante. Di fronte al pericolo di una spirale colombiana fatta di guerriglia, paramilitari e narcotraffico, è urgente cominciare la riforma profonda di uno stato inabile a compiere compiti di sviluppo e di integrazione sociale. Purtroppo tutto ci ò è troppo pragmatico di fronte agli eserciti della virt ù che si contendono il terreno.

Un governatore che è l'incarnazione delle peggiori pratiche governative (tra paternalismo, repressione e uso arbitrario del potere) e una sinistra radicale che invece di promuovere le convergenze necessarie per una grande riforma dello stato preferisce perdersi nella sogno ideologico di risuscitare le missioni gesuitiche del Paraguay tre secoli dopo. Eterno fascino dell'utopia fuori dai tempi del mondo. E cos ì , la avanguardia contribuisce, tra forme di lotta discutibili e fantasmi ideologici, a conservare al potere una elite politica locale tra le meno presentabili del pianeta.