La obsolescencia sintomática

Ugo Pipitone

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Assunta la carica nel dicembre scorso, il presidente Felipe Calderón non lascia passare molto tempo e dichiara la guerra al narcotraffico. Grandi operazioni militari in coordinazione con la polizia federale sono lanciate in Michoacán, Guerrero, Baja California, Sinaloa, dove le autorit à locali si mostravano impotenti di fronte a una nuova ondata di crimini. Nei quattro mesi successivi, nonostante la dimostrazione di forza da parte dello stato, i morti ammazzati dal narcotraffico continuano ad accumularsi e sono gi à pi ù di ottocento dall'inizio dell'anno.

Leggere i giornali è seguire un bollettino di guerra da cui è possibile trarre una sola certezza: considerando la natura del nemico, questa guerra non pu ò essere persa, ma certamente non la si potr à vincere. E molto meno con istituzioni di dubbiosa efficacia e certa proclividad a essere parte, attiva o passiva, di una corruzione sistemica. Nel suo rapporto annuale sul Messico dice la OCSE : “La qualit à delle istituzioni è bassa, il rispetto della legge è povero, il sistema giudiziario è ampiamente inefficiente e la corruzione è estesa”. A proposito di bollettini di guerra! Nella scala della corruzione di Transparency International il Messico occupa il posto 66 su 159 paesi. Al margine, l'Italia occupa il 41, la Spagna il 23 e gli Stati Uniti il 17 per ricordare alcune pietre miliari. Scandinavia, Australia, ecc. sono evidentemente un altro pianeta.

Il 43 per cento delle piccole-medie aziende messicane dichiara di realizzare pagamenti impropri a diversi funzionari pubblici. Ci ò che non sarebbe gravissimo se non fosse che queste stesse aziende rappresentano il 40 per cento del PIL del paese. Una di ogni cinque famiglie riconosce di subire la corruzione di diversi rappresentanti dello stato. Le famiglie interessate destinano in media l'8 per cento del loro reddito a questa “voce”. Per le famiglie pi ù povere questa imposta informale arriva al 24 per cento del reddito da distribuire a poliziotti, funzionari pubblici, giudici, impiegati di scuole e ospedali, principali fonti di richiesta di soldi non dovuti. Un sistema che non solo rende costosa e inefficiente l'amministrazione pubblica ma pesa come un'imposta regressiva sui pi ù poveri. Un “sabotaggio” quotidiano que scombina qualsiasi rapporto serio tra societ à e istituzioni, inceppa l'azione collettiva, gonfia costi e rafforza una cultura intergenerazionale di tolleranza verso l' illegalit à . Con effetti sulla crescita economica e sulla qualit à della vita sociale che possono immaginarsi. Un problema che corrode internamente lo stato e che non si risolve a colpi di dichiarazioni altisonanti o spiegamenti dell' esercito.

Qualche giorno fa l'esercito è intervenuto in Nuevo León (lo stato pi ù ricco degli Stati Uniti Messicani alla frontiera con il Texas) per arrestare cento agenti di polizia sospetti di collusione con il narcotraffico. Per ò gli arricchimenti di questa polizia corrotta o corruttibile sono poca cosa di fronte a quelli principeschi di certi politici baciati dall'impunit à , dirigenti sindacali con conti bancari da capogiro e mansioni in diverse parti del mondo, per no parlare degli imprenditori con agganci privilegiati il cui massimo simbolo è Carlos Slim che nel 1990 compr ò dal suo amico-presidente Carlos Salinas l'impresa pubblica dei telefoni pagando un prezzo che gli osservatori dell'epoca considerarono scandaloso: 1.760 milioni di dollari. Il valore in borsa di Telmex è oggi pi ù di dieci volte tanto e nell'interim Slim è diventato, secondo Forbes, il numero due tra gli uomini piú ricchi del mondo. Questo paese non fa miracoli solo nella pittura, l'artigianato, la cucina e (ultimamente) il cinema ma, purtroppo, anche in altri terreni. Tanto per ricordare le dimensioni, Slim ha un patrimonio quattro volte superiore a quello di Berlusconi.

Ma lasciamo da parte l'aneddotica. Con uno stato cos ì c' è qualche speranza concreta di sconfiggere il narcotraffico? Tutto è possibile ma alcune cose sono poco probabili. Uno stato per molti versi ancora debole dopo settant'anni di revolución en el poder è indebolito ulteriormente da una delinquenza che ne rivela inefficacia e complicit à mandando alle calende greche la consolidazione di istituzioni burocraticamente serie e socialmente credibili. Un ritardo istituzionale che ne attiva o ne conserva vivi molti altri.

Si uccidono giornalisti e funzionari scomodi, appaiono teste mozze lasciate in qualsiasi posto, sono distribuiti video in cui si riprendono le esecuzioni con lusso di tortura degli uomini di una banda diversa a quella degli assassini e novelli cineoperatori. La barbarie che si intrufola pezzo a pezzo nello scenario quotidiano. E dall'altra parte, squilli di tromba a cui non seguono azioni all'altezza dei decibel. Come andare a caccia di farfalle (assassine) mentre si cerca di aggiustare una reticella zeppa di squarci. Eppure questo è il compito. Ma senza una seria riforma istituzionale e senza un ampio consenso sociale e politico, sconfiggere il narcotraffico senza sconfiggere la corruzione è un sogno di mezza estate. Certo che uno si chiede quanto durer à ancora questa ondata di puritanismo proibizionista che obbliga a combattere una guerra che non pu ò essere vinta e che fa perdere un mucchio di tempo. Soprattutto a quelli che ne hanno meno.


 

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