Ugo Pipitone |
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Con le elezioni equatoriane del 30 settembre, il presidente Rafael Correa ha ottenuto una maggioranza politica nella prossima assemblea costituente. Avr à così mano libera per disegnare le regole fondamentali di un paese la cui macchina istituzionale non ha dato fino ad oggi grandi prove di rispetto alle proprie regole. Anche il boliviano Evo Morales va verso la sua assemblea costituente, per non parlare del venezuelano Hugo Chávez che riforma la sua precedente riforma. Nell'architettura costituzionale di questi paesi si sono accavallate per decenni vetuste inerzie oligarchiche, alcune folate di populismo (di destra e di sinistra e, a volte, allo stesso tempo) e un ricco repertorio di dichiarazioni di fede democratica e responsabilit à sociale. Lasciamo da parte i bilanci e registriamo la rinascita di una voglia costituzionale come cesura, per lo meno simbolica, con il passato. Senza considerare l'ispirazione pi ù prosaica: concentrare i poteri dello stato in un presidente con meno limiti alla rielezione. ¿ È questa la strada per venir finalmente fuori dall' arretratezza? A giudicare dai precedenti regionali qualche dubbio sembrerebbe legittimo. “In via di sviluppo” si dice dell'America Latina e si assegna normalmente all'economia e alla polarizzazione dei redditi la responsabilit à del fatto che continui ad esserlo. E la cattiva qualità dello stato? Il maggior problema non è tanto la natura delle leggi fondamentali dello stato ma la cultura politica e istituzionale di tolleranza verso la loro violazione, non applicazione, la corruzione endemica tra clientele e corporazioni che, se non impediscono lo sviluppo lo caricano con un passato inerziale di segmentazione sociale, impunit à del potere e inconsistenza istituzionale. Secondo un'inchiesta della Cepal (Commissione economica per l'America Latina, delle Nazioni Unite), il 42% degli abitanti della regione ha fiducia nella televisione, il 33% nei giudici, il 28% nel parlamento ed il 19% nei partiti. Che l'attendibilità della televisione, legittimamente bassa, sia pi ù alta di quella delle istituzioni è sufficiente a evitare molte parole sulla salute generale dello stato da queste parti del mondo. Verrebbe voglia di dire che c' è una sola cosa peggiore a istituzioni che funzionano e sono le istituzioni che non funzionano. Politici arricchiti, burocrati venali, imprenditori d'assalto, poliziotti criminali, giudici corrotti e, nel caso messicano, sindacalisti multimilionari non fanno bene a nessuno, salvo ai beneficiari diretti, ma certamente fanno male a tutti gli altri e soprattutto, come mostrano carrettate di indagini, ai pi ù poveri. A cosa servono le lettere dorate di nuove costituzioni in cui non è possibile credere avendo alla vista l'abisso quotidiano tra le buone intenzioni dichiarative e la realt à ? E naturalmente è molto pi ù arduo costruire uno stato socialmente responsabile ed efficiente che elaborare la prossima costituzione. Ma il fascino (platonico?) per le regole non smette di germinare. Con la prossima, in Equador saranno una ventina di costituzioni in quasi due secoli di storia indipendente. E se passiamo al Venezuela, dove la febbre costituzionale viene da qualche anno prima, risulta pateticamente ovvia la distanza tra le sparate volontaristiche e una macchina dello stato che fa fatica a mantenersi in piedi con una qualche dignit à istituzionale. Nel suo rapporto del 2006 sulla corruzione globale, Transparency International assegna al Venezuela il posto 136 su 159 paesi. E all'Equador il 119. Nell'altro estremo, il Cile appare al 21° posto. Tanto per ricordare che ci sono distanze istituzionali molto pi ù accentuate di quelle economiche. Insistiamo: è pi ù difficile che un poliziotto, un usciere o un maestro (per non parlare di giudici, ministri o presidenti) si comportino con il senso di responsabilit à della propria funzione che riscrivere periodicamente una nuova costituzione. In Venezuela, gli importatori, che dipendono da licenze e favori pubblici si stanno arricchendo in questi anni di pre-socialismo, mentre imprese e agricoltori lottano contro i prezzi ufficiali e la scarsezza di beni essenziali va insieme a un'esplosione di consumi di lusso da parte di una classe media agiata. Il Banco centrale venezuelano si limita a registrare che tra il 2000 e il 2005 la distribuzione dei redditi è peggiorata. Dare pi ù poteri a uno stato di bassa qualit à (senza una maggiore vigilanza collettiva sul suo funzionamento) è una frequentata strada al disastro o, nella migliore delle ipotesi, a un continuo infiacchimento di istituzioni gi à scarsamente credibili. Torniamo all'Ecuador, un paese in cui il 40% vive in miseria, con due milioni di emigranti (su una popolazione di 14 milioni), una debole crescita economica (a differenza del resto dell'AL in questi ultimi cinque anni), istituzioni inaffidabili e partiti politici nel pi ù assoluto discredito. Una nuova costituzione pu ò aiutare a sbrogliare questa matassa a una sola condizione: che sia parte di un ampio consenso sociale. Senza questa condizione sar à un altro episodio di maggiore interesse per i politici professionali che per la societ à . Una forma per scrivere con lettere dorate una storia istituzionale di sostanziale impotenza e fragilit à interna . Da queste parti la sinistra ha sulle spalle un compito arduo: accelerare lo sviluppo economico, migliorare la distribuzione dei redditi e rafforzare il controllo sociale sulle istituzioni. Una quadratura del circolo che non è ancora riuscita a nessuno.
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